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Rocco Scotellaro, La terre assoiffée

Rocco Scotellaro, La terre assoiffée. Récits et carnets, testi tradotti dall’italiano da Carole Cavallera

Edizione a cura di Franco Vitelli, Giulia Dell’Aquila e Sebastiano Martelli, collana «Cahiers de l’Hôtel de Galliffet»

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Per la prima volta, questo volume offre al lettore francese un’ampia selezione delle opere in prosa di Rocco Scotellaro (1923-1953). Scotellaro è stato uno dei protagonisti dei grandi dibattiti politici e culturali del dopoguerra sul Mezzogiorno d’Italia, insieme a Carlo Levi e Manlio Rossi-Doria. Poeta, narratore e uomo politico del Comitato di Liberazione Nazionale e del Partito Socialista Italiano; incarna pienamente, secondo Italo Calvino, un nuovo modello di intellettuale «impegnato sia in prima linea nelle lotte sociali sia al livello più qualificato della cultura letteraria nazionale».
In questa raccolta sono riuniti scritti autobiografici (il romanzo L’uva puttanella  e il racconto Ramorra), pagine della sua indagine sui contadini della Basilicata (Contadini del Sud) ed estratti dei suoi taccuini.

A Rocco Scotellaro, morto a soli trent’anni, Luchino Visconti rese omaggio intitolando uno dei suoi film più importanti Rocco e i suoi fratelli (1960).

Con la partecipazione di Giuseppe Appella, critico d’arte; Emanuele Cutinelli Rendina, Università di Strasburgo; Giulia Dell’Aquila; Università di Bari; Sebastiano Martelli, Università di Salerno; Franco Vitelli, Università di Bari e Carole Cavallera, traduttrice in francese del volume. Dibattito moderato da Paolo Grossi (Cahiers de l’Hôtel de Galliffet).

L’attore e drammaturgo Francesco Siggillino, impegnato da 15 anni sui lavori cinematografici di Rocco Scotellaro e attualmente in residenza artistica presso l’Istituto, leggerà degli estratti di opere dell’autore.

IO MI SENTO L’AUTUNNO

Aria spezzata
del focolare in disparte
con poca cenere,
i vetri anche tacciono
le cose che si muovono fuori,
dove screziato un muro s’erge
e gli embrici rabbuiati
hanno l’estrema cura
d’una parola,
farebbero canti ancor gli uccelli
o nell’ebbrezza d’un sole d’estate
riportato un albero,
intonerebbe lievi le mosse
dei rami frondosi e…oh…ma
io mi sento l’autunno
infiltrato nelle case basse
e già scende su dai poggi
come la tela di fine atto
con un brivido
sull’attonito spettatore. 

Ottobre 1943